TFR, “Ci spiace, non ve lo daremo mai più”: approvato il ‘decreto’ spietatissimo | Potete solo rassegnarvi

TFR, "Ci spiace, non ve lo daremo mai più": approvato il 'decreto' spietatissimo
Uomo depresso senza TFR (freepik) – moralizzatore.it

Addio al TFR, un vero fulmine a ciel sereno che colpisce milioni di lavoratori italiani. Un’altra certezza che potrebbe non arrivare mai più.

Tale iniziativa cambia radicalmente il destino della “liquidazione” alla fine del rapporto di lavoro, dal momento che dobbiamo dire addio al TFR.

Fino a poco fa, il TFR rappresentava una sorta di paracadute per tanti italiani, una somma accantonata mese dopo mese che veniva restituita al termine dell’impiego.

Ma da oggi, sta per cambiare tutto. Le aziende, quindi, non provvedono più a erogare il TFR alla fine del contratto come hanno sempre fatto.

Di conseguenza, anche la possibilità di richiedere un anticipo del TFR per spese mediche o acquisto prima casa viene abolita.

Senza TFR, lavoratori in pericolo

Tutti questi cambiamenti potrebbero essere considerati come un danno per chi lavora da decenni con l’idea di avere un minimo di sicurezza economica, e si capirebbe tra i lavoratori, la crescita di rabbia e lo smarrimento. Soprattutto a chi mancano pochi anni alla pensione e contava sul proprio TFR per alcune spese.

Per i lavoratori significherebbe niente più liquidazione alla fine del lavoro, e per le imprese maggiore libertà nella gestione della liquidità, ma anche rischi reputazionali altissimi. Mentre per l’economia si teme un contraccolpo sulla fiducia dei consumatori e sul mercato immobiliare.

TFR, "Ci spiace, non ve lo daremo mai più": approvato il 'decreto' spietatissimo
Lavoratore depresso senza soldi (freepik) – moralizzatore.it

Cambiamenti per il TFR: cosa succede

L’idea di rivoluzionare il tradizionale Trattamento di Fine Rapporto è ormai una proposta concreta per rafforzare la sostenibilità del sistema pensionistico italiano. L’invecchiamento della popolazione e il rapporto sempre più sbilanciato tra pensionati e lavoratori attivi hanno reso urgente un ripensamento profondo delle modalità con cui viene accumulata e utilizzata la liquidazione di fine servizio. Il TFR, istituto introdotto con la Legge 297/1982, rappresenta una quota retributiva accantonata annualmente dal datore di lavoro e liquidata al termine del rapporto. Il peso crescente degli oneri pensionistici sui conti pubblici spinge a valutare la trasformazione del TFR in uno strumento di contribuzione previdenziale aggiuntiva. In pratica, anziché restare presso il datore di lavoro, ogni anno la quota di TFR maturata verrebbe trasferita all’INPS, integrando direttamente la propria posizione contributiva. Le classiche motivazioni per richiedere l’anticipo, spese sanitarie, prima casa, ristrutturazioni verrebbero fortemente ridimensionate: l’accesso anticipato al TFR sarebbe ammesso solo in casi eccezionali, definiti da norme rigorose e numericamente contenuti.

Con il TFR confluito nel fondo pensione pubblico, si potrà scegliere di cumulare questi contributi con eventuali fondi complementari privati, ottimizzando il montante contributivo per assicurarsi un assegno più alto e diversificato. Per chi ha un’anzianità minore di otto anni presso lo stesso datore, il TFR continuerebbe ad essere accantonato secondo le regole tradizionali, con possibilità di anticipi ordinarie. A partire dall’ottavo anno, il TFR inizierebbe a confluire automaticamente nel sistema previdenziale INPS, salvo richiesta esplicita di mantenimento del trattamento in azienda (opt‑out). Per badanti e colf, si prevedono regole particolari: il lavoratore potrà richiedere ogni anno fino al 70% del TFR maturando, per venire incontro alla natura spesso instabile di tali rapporti. Il rapporto pensionati/lavoratori è destinato a peggiorare nei prossimi decenni: utilizzare il TFR come ulteriore “cassa” per l’INPS permette di alleggerire la pressione fiscale diretta su lavoratori e imprese. Trasferendo risorse fresche al fondo previdenziale, si evita che il costo delle pensioni presenti gravi squilibri per le generazioni future, distribuendo il carico contributivo in modo più equilibrato.